lunedì 13 maggio 2013

Cataloghi


Giuseppe Macedonio
Scultore maiolicaro

a cura di Daniele Lucignano e Stefania Catullo

con prefazione di Gennaro Borrelli e Lucia Serena Macedonio
introduzione di Maria Grazia Gargiulo
Edizioni Fioranna, 2011.



A mio padre
Scrivere di Peppe Macedonio quale scultore in ceramica, lo lascio a chi ne ha la competenza e il piacere di farlo, Daniele Lucignano e Stefania Catullo in questo catalogo affrontano ottimamente tale aspetto e dinanzi a tutti li ringrazio infinitamente.
‘Serenella’ è la scultura policroma, ‘Serenella’ è chi vi scrive.
Vivo ancora nella casa paterna, ed i ricordi con mio padre mi saltano dall’animo agli occhi, il suo sorriso, i grandi e bianchi baffi, le passeggiate mano nella mano al Vomero, l’amore per Pina, la mamma, che prima di passare a miglior vita mi sussurrò «se dovessi rinascere, vorrei la stessa vita che ho vissuto con papà», mamma lo chiamava ‘papà’ da sempre.
Ricordi di voci allegre, con la porta d’ingresso sempre aperta agli amici, felici di venirci a trovare e di carpire qualche sua saggia parola, i grossi pannelli di creta stesi sul pavimento in ogni stanza della casa, la sua grande stecca da lavoro e le sue grosse mani che ricavavano dalla materia un’anima per ogni figura.
Un legame forte fra noi, un amore grande, come dovrebbe essere fra padre e figli, stroncato purtroppo dalla sua morte, con mio grande dolore e coraggio nell’andare avanti senza di lui, un coraggio regalatomi dalla cara Tullia Matania che al funerale mi disse con grande affetto «i padri restano vicino ai figli», ed io ne sono convinta tutt’oggi, lo sento vicino e dentro di me.
Peppe Macedonio ha vissuto una vita pesante negli anni difficili della guerra, ma sempre con grande tranquillità d’animo e una bella filosofia di vita, molto apprezzata e fatta tesoro da chi lo ha conosciuto.
Da tempo pensavo a come poter allestire una mostra, ma in questo tempo egoistico e pieno di interessi personali, Peppe veniva abbandonato e non gli si rendeva giustizia, ma oggi ringrazio per il resto della mia vita Gaetano Evangelista, grande amico e frequentatore di casa Macedonio fin dagli anni Sessanta, Daniele e Stefania di aver voluto portare a galla, cosa non facile, tutto il suo operato, che purtroppo da tempo dormiva sotto un velo di polvere.
Un affettuoso e autentico ringraziamento va al prof. Gennaro Borrelli, che da sempre e per tutta la sua vita, ha creduto in mio padre.
Ringrazio ancora tutti coloro che si sono impegnati a far si che ‘Serenella’, ed i suoi figli Simone e Seela, potessero leggere ed apprezzare ancor di più le meravigliose opere di Peppe Macedonio.

Con amore infinito tua figlia Serena
In ricordo di un amico
Conobbi Peppe Macedonio nel lontano 1950, nell’ambito della Mostra dell’Artigianato Artistico Napoletano, promossa dalla Camera di Commercio e svoltasi nel foyer del Palazzo della Borsa, è qui che rimasi stupito da un’incredibile opera d’arte, il piatto policromo raffigurante Tempesta dalla Pastorale di Beethoven e dal suo straordinario autore: da allora cominciò un duraturo sodalizio fatto di amore fraterno e rispetto reciproco.
Peppe era un uomo di una cultura vastissima e per tutta la sua vita non ha mai smesso di leggere, indagare e approfondire. Ricordo le giornate passate alla Biblioteca Nazionale e in quella dell’Istituto d’Arte Palizzi, dove l’artista amava consultare libri di storia dell’arte e sulla ceramica italiana; e quando lo accompagnavo alla piccola fornace al Pascone, nel Rione Luzzatti, un piccolo forno costruito all’aria aperta con le sue stesse mani. Io restavo lì in silenzio a osservarlo scrutare il fuoco e l’occhiello, e a stupirmi della sua grande conoscenza delle antiche tecniche ceramiche e della sua continua voglia di sperimentare.
Peppe era un amico di famiglia. Sono ancora vive le immagini davanti ai miei occhi, nonostante sia passato più di mezzo secolo, di quando eseguì il pavimento della sala da pranzo della casa dove ancora abito, su cui dipinse la Processione del Cristo risorto che si svolgeva a Antignano; o la realizzazione del pavimento di villa di Donato a Sant’Eframo Vecchio, nel 1963, quando Antonio de Mennato mi contattò per inventariare la loro raccolta di pastori; o quando insieme montammo, nel 1965, i pannelli per la facciata dell’Ombrellificio Sessa in via Duomo, nell’ambito dell’allestimento del negozio che avevo curato.
Peppe era – oggi lo si dice a volte in modo inappropriato – un ‘signore’, un cristiano silenzioso ma all’occorrenza dotato di un’ironia feroce e spiazzante, un uomo di larghe vedute, uno spirito libero, che amava la vita con senso panico e sempre pronto a festeggiare con gli amici nella sua cara ‘tavernella’ ad Antignano.
I numerosi architetti che lo conoscevano ben presto diventavano suoi cari amici e si rivolgevano a lui non come semplice decoratore, ma come artista a tutti gli effetti, sicuri di poter instaurare allo stesso tempo un rapporto umano, culturale e tecnico.
In Macedonio vi era quello ‘spirito’ dell’artista, nel senso in cui Benedetto Croce affermava che l’arte è ‘poesia e intuizione’, che ti fa dire: si fa così. Aprendo una strada per il futuro, l’artigiano quantunque bravo e di altissimo livello non raggiunge mai l’intuizione dell’arte. E Peppe non era solo un artigiano, ma uno ‘scultore maiolicaro’, e un poeta.
                                                                                                                         
Gennaro Borrelli

Ad un artista

Curare un catalogo su Giuseppe Macedonio non è stata un’impresa facile. Mossi dalla migliore committenza, la passione, abbiamo portato avanti con caparbietà un’entusiasmante ma faticosa ricognizione di tutte le opere per l’architettura, sparse un po’ ovunque tra la città di Napoli, Salerno e Gallipoli. Muniti di macchine fotografiche, è stata una continua sorpresa scoprire che molti manufatti erano ancora lì, silenziosi e immobili, pronti per essere riscoperti e riammirati. E’ stato però difficile scontrarsi con la dura realtà dei fatti, il totale abbandono in cui versano alcune ceramiche, e costatare tristemente come numerosi pannelli per cinema e pizzeria siano stati spazzati via dall’ignoranza e dall’indifferenza. Di contro è stato bello notare come molti portieri e condomini siano fortemente affezionati ai propri androni decorati, sottolineando come l’operato di Macedonio abbia meravigliosamente assolto alla sua funzione di ceramica ‘popolare’ e ‘comunicativa’.
Il lavoro è stato reso ancor più completo ed esaustivo dalle testimonianze dirette dei familiari, amici e colleghi, che con i loro preziosi ricordi e aneddoti, ci hanno permesso di scoprire l’anima e di condividere idee e stile di vita di un artista straordinario, troppo spesso dimenticato.
Un ringraziamento particolare va a Lucia ‘Serena’ Macedonio e sua figlia Seela per averci dato l’opportunità di accedere all’archivio di famiglia e alla splendida collezione, illustrandoci un altro aspetto del grande artista, il Macedonio scultore e sperimentatore, all’artista scenografo Gennaro Borrelli che ha messo a disposizione il suo dettagliato regesto, l’archivio fotografico, la collezione e la sua preziosa conoscenza degli aspetti tecnici del mestiere, e soprattutto a Gaetano Evangelista, amico di famiglia dell’artista, dal cui incontro fortuito, sottolineato dalle sue parole «è Macedonio che ci ha voluto far incontrare», è nato l’intero progetto.
Infine ringraziamo Gian Giotto Borrelli, Tullia Matania, Gaia Salvatori e Giovanni Cioffi per averci sostenuto con entusiasmo fin dall’inizio, Giorgio Napolitano che, con le sue dettagliate ricerche, ha reso meno intricata la vicenda ceramica dei Due Fornaciari, e naturalmente Maria Grazia Gargiulo, la cui sensibilità ha fatto sì che il catalogo venisse realizzato.
Noi col nostro contributo speriamo di aver strappato definitivamente questo grande artista dalla stretta morsa dell’oblio e dell’anonimato, per riconsegnarlo, come di diritto, alla storia della scultura e della ceramica artistica contemporanea.
Dedichiamo questo catalogo a Giuseppe Macedonio, ‘scultore maiolicaro’.
                                                                                                             
Daniele Lucignano e Stefania Catullo


 
Introduzione

La scelta di dedicare una mostra, il cui catalogo costituisce anche una prima monografia dell’artista napoletano Giuseppe Macedonio, deriva dalla notevole ampiezza eterogenea della produzione ceramica, eseguita a Napoli dagli anni Trenta fino agli anni Settanta, di cui poco si conosce. Sculture in ceramica e meravigliosi pannelli decorativi raccontano una parte di quella che è stata la storia della ceramica a Napoli nel Novecento.
Il catalogo  intende ripercorrere l’intera carriera dell’artista napoletano (1906-86) dalla formazione presso rinomate botteghe partenopee e la colonia tedesca di Max Melamerson a Vietri sul Mare, al sodalizio artistico degli anni Quaranta con lo scultore Romolo Vetere, fino al riconoscimento nazionale e internazionale degli anni Cinquanta (sue opere si trovano anche al Brooklyn Museum di New York), con prestigiose commissioni pubbliche come lo splendido rivestimento ceramico della Fontana dell’Esedra nella Mostra d’Oltremare (1950-54), la monumentale decorazione maiolicata  di Ponte di Tappia su via Toledo (1957) e i suggestivi pannelli che adornano numerosi palazzi al Vomero. Il volume inoltre propone l’analisi dettagliata e inedita dell’evoluzione stilistica dell’artista durante gli anni Sessanta e Settanta, caratterizzata da straordinari pannelli al passo con le avanguardie artistiche e da originali sperimentazioni  nell’ambito della ceramica, porcellana e smalti, come ad esempio nell’intero arredo liturgico della Chiesa di Casalvelino Marina a Salerno (1970-74), e nella decorazione interna del Teatro Italia del Grattacielo di Gallipoli (1970-76).
La mostra, con il suo catalogo, racconta di un lungo viaggio ceramico; l’incontro di persone, i rapporti con artisti importanti come Romolo Vetere, , Emilio Buccafusca, Aldo Stella, Antonio De Val, che hanno saputo fornire le coordinate giuste per ricostruire il percorso artistico di Giuseppe Macedonio, scultore maiolicaro, che, sviluppatosi in un clima  di difficile produzione artistica, come quella della prima metà del Novecento, in cui lavorò incessantemente per produrre opere in ceramica, esposte oggi per la prima volta. Opere inedite perché sempre state in collezione dell’artista, organizzate ora in un percorso cronologico, insieme a molti bozzetti preparatori (anche di opere purtroppo distrutte) con rare foto dell’epoca, emerse dall’archivio di famiglia. Nell’esposizione si darà spazio all’oggettistica quindi alla vasaria, piccole sculture ed altri oggetti di arredo interno, mentre sarà affidata a fotografie e bozzetti, allestiti su appositi pannelli espositivi, il compito di illustrare le sue opere pubbliche in relazione all’urbanistica.
Una mostra questa che restituisce a Giuseppe Macedonio il posto che merita di importante ceramista napoletano; questo evento si configura come l’ideale continuazione dell’unica mostra personale, tenutasi nel lontano 1972 presso la rinomata Galleria “Il Tarlo” dopo quasi quarant’anni di distanza. E si propone come l’occasione di rivalutazione di un artista che fu attento sperimentatore, senza mai trascurare il disegno, sempre concentrato sulle forme e sui colori, che faranno di lui uno dei maggiori esponenti di questo linguaggio ceramico partenopeo.

Maria Grazia Gargiulo

  

Giuseppe Macedonio
Disegni e Bozzetti

a cura di Daniele Lucignano

con prefazione di Stefano Causa e contributo di Giorgio Napolitano
Edizioni Fioranna, 2012.


Il catalogo “Giuseppe Macedonio disegni e bozzetti” si presenta come una straordinaria occasione che permette di conoscere a fondo il processo creativo dell’opera ceramica, raccontato dallo stesso artista in tre rare e importanti interviste rilasciate nell’arco degli anni Settanta e Ottanta.
Macedonio è stato un artista completo, capace di coniugare la sensibilità cromatica del pittore e la forza plastica dello scultore all’alchimia del linguaggio ceramico.
La sua produzione, pur sottraendosi a qualsiasi tipo di definizione, ha saputo fondere con maestria Arte e Artigianato, collocandosi perfettamente a metà strada fra ceramica, pittura e scultura.

Daniele Lucignano


Ho guardato alla ceramica come ad un fatto di antica pittura, cosicché il supporto plastico è stato un mezzo su cui poggiare la pittura. Ed ho guardato alla pittura così come la guardavano nel Rinascimento, come elemento di colore nella casa dell’uomo, necessario alla fantasia dell’uomo. L’uomo non ha bisogno, come dice Le Corbusier, di tanti metri cubi di spazio, o di tanti metri quadri, secondo un criterio rigidamente matematico; oltre che degli elementi materiali che gli sono indispensabili, ha bisogno di espressione, di fantasia, d’immaginazione, che va coltivata attraverso il segno: così come abbiamo un segno che indica la parola, allo stesso modo abbiamo dei segni che indicano sentimenti, e cioè pittura, scultura. Io mi sono sempre attenuto a questo principio, e mi sono sempre rivolto agli altri, collocando le mie opere dappertutto, anche a prezzo irrisorio, pur di arrivare alla gente, a portare il mio contributo di ‘dire di sentimenti’.
Giuseppe Macedonio

Alla fine degli anni 1950 premere sul pedale dell’umoresco implicava un’interpretazione vernacolare del Picasso maturo di Vallauris. Ci pare questa l’autentica opzione di chi, come Macedonio, presenta i contrassegni del pittore felicemente mancato e del disegnatore naturale, ponendosi sul cammino opposto alle ambizioni plastiche e costruttive dei decoratori di regime.
Stefano Causa

Guardare i disegni, i bozzetti grafici preparatori delle ceramiche di Macedonio significa entrare in contatto con la prima idea non plastica dell’artista; ma è anche percepire la sua sensibilità, avvertire la creazione, avvicinarsi alla sua memoria. La sua capacità grafica è congiunzione di manualità che incidono, graffiano, delineano il progetto mentale e di comunicazione.

Giorgio Napolitano